L'ospedale civile a Gorizia 5: i Fatebenefratelli spostano gli equilibri

Pubblicato il 22 novembre 2025 alle ore 15:34

Pierpaolo MARTINA

Nelle puntate precedenti eravamo arrivati alle soglie degli anni 90, quando, dopo interminabili discussioni e dopo la dolorosa chiusura degli ospedali di Cormons e Grado, l'USL n.2 "Goriziana", inizialmente aveva deciso una pesante ristrutturazione del Civile di via Vittorio Veneto ma aveva infine optato per la costruzione di un nuovo ospedale sul retro del Vittorio Emanuele III nell'area di via Toscolano (1989) superando così anche l'opzione per la realizzazione di un nuovo ospedale unico provinciale in zona centrale rispetto al territorio provinciale proposta dall'assessore regionale alla sanità Mario Brancati (1988).

Abbiamo visto  come da tempo la Comunità provinciale si fosse spaccata a metà per le tensioni dovute ai contemporanei lavori di costruzione del nuovo ospedale di Monfalcone, città che reclamava pari dignità rispetto all'ospedale del capoluogo. 

Si giunge quindi al 1993 quando il progetto del nuovo ospedale goriziano (la “costruzione del nuovo Ospedale Provinciale” , dotato di progetto definitivo del giugno 1993) prevedeva la realizzazione ex novo di una struttura ospedaliera sull’area ubicata sul retro dell’attuale Ospedale Civile di via Vittorio Veneto, con la dotazione di 450 posti letto. L’esecuzione sarebbe avvenuta mediante 3 lotti per un costo complessivo presunto di 96 miliardi di lire.

Ad inizio agosto 1993 si insedia la nuova Giunta regionale a trazione Lega Nord di Pietro Fontanini che assegna le deleghe alla sanità al consigliere collega di partito Gianpiero Fasola. Durerà pochi mesi. L'instabilità politica porta a frequenti avvicendamenti alla guida della Regione con Renzo Travanut (Pds) da gennaio a luglio 1994, Alessandra Guerra (Lega Nord) fino a novembre 1995, Sergio Cecotti (Lega Nord) fino a dicembre 1996 e Giancarlo Cruder (Partito popolare italiano) fino a luglio 1998.

Il mutato quadro politico e il sempre maggior peso che la Città dei Cantieri assume in Regione portano progressivamente a paralizzare lo sviluppo della struttura goriziana e i lavori d'aula per la legge regionale che sancirà la nascita delle Aziende ospedaliere vedono sempre di più la politica locale bloccata. Il consigliere regionale Fasola esprime chiaramente il concetto che l'ospedale di Gorizia non è il quarto della regione bensì il quinto dopo Monfalcone (maggio 1994).

Nell'estate del 1994 il fattore nuovo e imprevisto che irrompe sulla scena è la crisi del San Giovanni di Dio: la struttura è all'epoca di proprietà dell'Ordine ospedaliero dei Fatebenefratelli e la politica regionale (Fasola è di nuovo assessore alla sanità) e locale (sindaco di Gorizia è Gaetano Valenti) deve affrontare il problema del salvataggio dei circa 200 dipendenti che rischiano di vedersi licenziati. Si fa strada così l'dea che proprio la struttura privata possa diventare il moderno ospedale per acuti di cui tanto si discute a Gorizia anche perchè solo così si potrebbe recuperare un patrimonio del valore superiore a 50 miliardi di lire, quasi interamente finanziata con fondi pubblici. Questo è uno degli argomenti alla base della posizione dell'assessore regionale che nel 1995, quando in Consiglio regionale si dibatte se il San Giovanni di Dio sia utilizzabile come ospedale generale, dà atto degli esiti positivi della verifica in tal senso svolta e contenuti in uno studio affidato dalla direzione regionale della sanità ai tecnici del gruppo consultivo sugli investimenti di edilizia sanitaria.

Tuttavia, ancora nel 1997, la Giunta regionale (presidente Cruder, assessore alla sanità Degano) stabilisce di procedere alla realizzazione del nuovo Ospedale di Gorizia attraverso un intervento di nuova edificazione nell’area dell’attuale Ospedale di Via Vittorio Veneto con l’utilizzo parziale, per attività riabilitative, ospedaliere, territoriali e direzionali, di una parte dell’Ospedale San Giovanni di Dio, con l’edificazione di un nuovo complesso ospedaliero per acuti di circa 315 posti letto, con un costo totale di 73,4 miliardi di lire, di cui circa 62 miliardi a valere sui fondi statali: è la c.d. "terza via", avvallata dalla Conferenza dei Sindaci.

Ma come detto da agosto 1998 a Trieste si cambia ancora e arriva la Giunta Antonione (Forza Italia) che, assessore regionale alla Sanità Aldo Ariis e assessore alle finanze Ettore Romoli, dopo il Protocollo d’ intesa di data 27 aprile 1999, sottoscrive, in data 18 maggio 1999, un contratto preliminare di compravendita  con l'Ordine ospedaliero dei Fatebenefratelli per l'acquisto del San Giovanni di Dio, operazione che prelude sin da subito al trasferimento totale del Civile negli spazi attaccati al sedime ferroviario .

Anche seguito della richiesta di chiarimenti del Ministero della Sanità in merito “ a possibili soluzioni alternative più economiche, ma ugualmente rispondenti alle esigenze della domanda”, la Giunta regionale, il 23 luglio 1999, rivede la pianificazione degli investimenti sanitari e decide di collocare nell’area dell’Ospedale San Giovanni di Dio le funzioni ospedaliere della città, recuperando in tal modo il pieno utilizzo dell’edificio esistente, completato nel 1983 e solo parzialmente attivato. Di conseguenza delibera di finanziare l’acquisizione dell’Ospedale San Giovanni di Dio e gli interventi di ristrutturazione e di adeguamento dello stesso stimati in 65,6 miliardi di lire. Il contratto definitivo d'acquisto viene firmato il 30 dicembre 1999.

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